Sostegno psicologico e psicoterapia sono bisogni reali. Non solo psicofarmaci

Intervista alla Dott. Simona Rossi psicologa e psicoterapeuta con specializzazione cognitivo comportamentale, dottoranda in Neuroscienze e qualità della vita, di Francesca Lovatelli Caetani.

Sostegno psicologico e psicoterapia sono bisogni reali, strumenti da utilizzare non solo davanti a un disagio, ma di fronte anche ad un semplice malessere. “Bisogna porre l’accento sulla serietà della psicoterapia e del suo reale ruolo sociale”-dice la Dottoressa Simona Rossi, psicologa, psicoterapeuta con specializzazione cognitivo comportamentale, Dottoranda in Neuroscienze e qualità della vita –“L’attenzione di essere centrati su se stessi deve esserci sempre”. La Dott.ssa Simona Rossi ha un percorso di vita entusiasmante: un cammino formativo presso un istituto religioso, missioni in Africa, America Latina ed Europa, fondatrice di due case famiglia per bambini, studi filosofici e teologici prima della laurea.

La Dott.ssa Simona Rossi aggiunge: “Da alcuni anni, sulla spinta di miei tanti pazienti del settore economico, faccio formazione in azienda, aiuto nello sviluppo di talenti, diventando esperta nell’assistenza personale ai leader per il supporto nella creazione di team efficaci, lavoro con i team per il raggiungimento degli obiettivi di gruppo. Svolgo la libera professione, con un occhio più attento per le donne e le neuroscienze, il tutto arricchito da convegni, conferenze, senior master e lavoro peritale ecclesiastico. Sono sposata e madre di quattro meravigliose ragazze”.

Molti usano psicofarmaci: la percentuale è in aumento? Quali sono i motivi?
“Circa il 15% della popolazione italiana tra i 15 ed i 74 anni hanno assunto psicofarmaci nel 2018. Si stima un aumento del 5% nel 2019. Il consumo di benzodiazepine è molto elevato a livello nazionale e ha una forte variabilità regionale. Dato più problematico che il 6% di questa popolazione ha utilizzato psicofarmaci non prescritti da medici.

Il 20% degli italiani fa uso di psicofarmaci spesso per mancanza di speranza, fiducia e prospettive, questo secondo un’indagine Ipsad, confermata, dal punto di vista più sociologico, dal rapporto del Censis che ha condotto un’indagine sulla popolazione italiana riguardo le aspettative per il futuro: pensando al domani il 69% degli italiani dichiara di provare forte incertezza, il 17% forte pessimismo. Il 78% degli italiani si identifica con il termine “stressato”. Il 68% degli italiani soffre di sintomatologie ansiose (il consumo di ansiolitici e sedativi è aumentato del 23%). I disturbi depressivi sono, nel mondo, la seconda causa di disabilità lavorativa, subito dopo le malattie cardiovascolari… (dato inquietante se si pensa che in Italia non facciamo nulla per la prevenzione). Gli psicofarmaci andrebbero sempre integrati con una psicoterapia, impostando tra i professionisti (psichiatra e psicoterapeuta) un piano terapeutico mirato. Il farmaco è una stampella, è utile nel momento critico per supportare il paziente, ma poi è necessario un tipo diverso di lavoro, per responsabilizzare il paziente ed aiutarlo a camminare in autonomia. Solo un lavoro integrato tra psicofarmaci e psicoterapia ottiene un risultato di benessere per la persona per una % pari al 79% di riuscita”.

Cosa ne pensa del senso di smarrimento delle persone in questo particolare momento?
“Quando l’equilibrio viene minato, come accade in questo periodo, è normale incida sulle emozioni personali. Il concetto di benessere è uno stato prima mentale e poi fisico”.

Come si fa a raggiungere questo status?
“Partire dall’ascolto di se stessi non è facile, bisogna poter pensare di ricominciare, quindi abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti a leggere noi stessi, soprattutto in occasione di pressioni incontrollate. Il rischio è essere o super negativi o super positivi, di conseguenza il bisogno di essere aiutati a capire diventa reale”

Il benessere, però, deve esistere sempre e non solo in caso di patologie…
“Oggi conviviamo con l’angoscia quotidiana di perdere il lavoro, non poter mantenere la famiglia, perdere la salute, avere preoccupazioni, vedere morire i familiari, la gente ha o una totale sfiducia o fiducia nel sistema; è importante rifocalizzare la serietà del problema, raccontandolo, riassestando il bisogno di fare centro su se stessi.
Mi accorgo di esserci, vedo le mie emozioni e i miei bisogni, le valuto, le so leggere, metto in atto strategie e azioni per ottenere risultati. Non è sempre semplice certo, ma il modo per aiutare le persone esiste. Se non ci proteggiamo dall’angoscia della perdita, per esempio, anche il concetto di salute pubblica diventa un miraggio; bisogna, quindi, tenere a bada il momento emotivo. Tutti guardano alla catastrofe, dicono che i giovani, data la situazione, sicuramente avranno problemi, la salute mentale è a rischio” per questo dobbiamo fare SUBITO qualcosa”

Tutto ciò non dovrebbe scuotere le coscienze?
“Dovremmo ragionare in un’ottica preventiva sulla depressione, sulla paura sociale, facilitando l’accesso alla psicoterapia, sia a livello personale, sia aziendale, a livello di team, portando la società a rileggere la realtà a livello di benessere. La depressione non è un termine da gossip, viene spesso abusato, ma è un disagio profondo, vero”.

Quale è la differenza tra donne e uomini nell’uso degli psicofarmaci?
“L’uso di psicofarmaci per le donne over 75 è del 25% mentre per gli uomini della stessa età è del 15%. Dopo i 45 anni aumenta l’uso nelle donne. Al nord il consumo è maggiore che al sud, talvolta anche il doppio. Secondo l’AIFA la sola terapia farmacologica, soprattutto per gli antidepressivi, non incide significativamente con il benessere, anzi il 40% di chi usa antidepressivi ha una bassa aderenza allla terapia”.

Quali sono i costi e la durata della psicoterapia?
La terapia ha un tariffario nazionale va da un minimo di 50 euro ad un massimo di 140 per la psicoterapia. Le terapie brevi possono durare tre mesi con cadenza settimanale. Tutto naturalmente a seconda dell’entità del problema”.

Attualmente come incontra i suoi pazienti?
“Con le sedute da remoto, le videocall, gli incontri via skype, spesso questi strumenti non piacciono ai pazienti, ma, paradossalmente, il distacco aiuta, anche se mancano alcuni messaggi verbali”.

Potrebbe definirsi una psicoterapeuta con applicazione pratica?
“Effettivamente sì, per esempio per l’ansia ci sono esercizi mirati, come la desensibilizzazione, la tecnica ABC, che consiste nella individuazione del problema, dell’antecedente, del conseguente, bisogna essere pragmatici, usare la scrittura, verbalizzare, ristrutturare il pensiero. Dire “Io Sto Male” e cercare di capire che cosa è questo “male” ti aiuta a destrutturare il problema, faccio fare esercizi, si immagina di parlare con chi ti ha creato il problema, spesso sono tecniche anche fisiche. Utilizzo queste strategie strutturate da più di 20 anni”.

Cosa deve fare chi vuole essere guidato nella psicoterapia?
Bisogna avere la capacità di farsi aiutare tramite specialisti del settore, soprattutto seri. Pullulano motivatori improvvisati, ma la psicoterapia è una cosa seria e ha una responsabilità grandissima, perché deve rendere la vita migliore. Il mio percorso di studi è stato lunghissimo, l’università, la specializzazione, il Dottorato, in totale 13 anni”.

Quale potrebbe essere la svolta?
Essere se stessi, sapersi reinventare, confrontarsi con professionisti, tutto serve a trovare risposte funzionali, per darci indicazioni più contestualizzate. E’ inutile scatenare ansia, imbottirsi di informazioni di virologi o di opinionisti improvvisati

Io vedo tanta bontà nelle persone, c’è del buono insomma, ognuno può trovare la sua strada anche a livello aziendale, basta fermarsi ed ascoltare se stessi, ma bisogna volerlo fare, prendendo responsabilità di chi sono, dove voglio arrivare, non responsabilizzando il virus per colpe personali e problemi mai risolti in passato. Il virus ci ha messi a nudo…a noi la responsabilità di rivestirci con abitudini umanamente e professionalmente migliori”.

Recentemente ha sviluppato un progetto molto importante, FeelGoodFactor, un’opportunità di crescita e formazione per le giovani donne che intendono operare nel mondo della moda e del design..
“Cerco di aiutare soprattutto le donne nel reinserimento lavorativo, dopo la maternità, dopo aver perso il lavoro, o averlo cambiato, riorganizzazione del lavoro da casa, ma è una riorganizzazione mentale; faccio formazione anche a livello universitario, per aiutare a tirar fuori il proprio talento e carisma e ad avere una gestione complessiva e mirata del proprio futuro. Sta prendendo forma un grande progetto perché sta coinvolgendo molte aziende e stanno nascendo nuove sinergie…pensare e ascoltare se stessi porta frutti…”